Il formaggio Ainuzzi, per via della sua forma unica, merita assolutamente un posto tra le eccellenze enogastronomiche della tradizione siciliana.

Molte delle specialità di cui parliamo in questa rubrica si differenziano per sapore, tecniche di preparazione, ingredienti e forme.

Ma nessuno di questi è ricordato per essere modellato in modo da imitare le sembianze di un animale. 

L’unico caso è proprio quello del formaggio Ainuzzi, un’eccellenza tipica dei comuni di Cammarata e San Giovanni Gemini, in provincia di Agrigento.

Si tratta di un formaggio di latte vaccino, dalla crosta gialla paglierina e dall’interno dolce e morbido. 

Le sculture di formaggio Ainuzzi sono di piccole dimensioni, raggiungono difficilmente i 200 gr, ma sono uniche perché vengono modellate a forma di cavalli, cervi, daini e capre.

La tradizione degli Ainuzzi è antica e si lega ad alcune festività religiose; questa usanza è portata avanti ancora oggi, e per questo motivo gli Ainuzzi sono stati inseriti nella lista dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (P.A.T.).

Varietà di formaggio

Il formaggio Ainuzzi è soltanto una delle infinite varietà di formaggio. 

Questo è un prodotto caseario, ovvero ottenuto dalla coagulazione del latte attraverso sale e fermenti da cucina. 

In base al tipo di latte utilizzato, si possono distinguere formaggi vaccini, pecorini, caprini, bufalini o misti. 

Si possono poi distinguere in base alla stagionatura, alla consistenza, al tipo di lavorazione della pasta e alle caratteristiche della crosta. 

Quest’ultima non riguarda ad esempio i formaggi freschissimi come lo stracchino, e può essere realizzata naturalmente attraverso il processo di produzione del formaggio, o artificialmente con l’uso di cere.

L’Italia è il quarto produttore mondiale di formaggio, e può vantare una lunga lista di prodotti caseari inseriti nelle liste DOP, IGP e PAT.

Una scoperta casuale

La storia del formaggio si lega, infatti, indissolubilmente all’Italia.

Ma in realtà le prime testimonianze di prodotti caseari arrivano dalla Mesopotamia, dove l’allevamento di ovini risale anche a più di 10 mila anni fa. 

La nascita del formaggio è da datare allo stesso momento, accaduta per caso come tanti cibi della tradizione mondiale: la tradizione vuole che un pastore, al momento di macellare un capretto, scoprì all’interno del suo stomaco del latte cagliato. 

Da quel momento iniziò la produzione di formaggio, che quindi ha origini antichissime come testimoniato dal Fregio della Latteria: si tratta di un bassorilievo sumero del III millennio a.C. che raffigura dei sacerdoti intenti a produrre formaggio (che quindi aveva anche un valore religioso nella civiltà mesopotamica).

Dalla Mesopotamia l’uso del formaggio arrivò poi in Egitto, in Palestina (riferimenti al formaggio si trovano anche nella Bibbia) e in Grecia. 

Qui nacque un altro racconto mitico riguardo il formaggio, nato per mano di Aristeo, figlio di Apollo e della ninfa Cirene, che insegnò agli uomini anche l’arte della pastorizia. 

Il formaggio era un alimento estremamente indicato per gli atleti impegnati nelle antiche Olimpiadi.

L’Antica Roma

Questo straordinario prodotto approda rapidamente anche in Italia, dove sono stati rinvenuti in un insediamento neolitico nei pressi di Piadena (in provincia di Cremona) degli strumenti per la lavorazione del caglio.

Furono gli Etruschi i primi a perfezionare la produzione casearia, introducendo nuovi coagulanti naturali come il latte di fico. 

I Romani iniziarono invece a utilizzare latte non solo ovino, e fu Marco Trrenzio Varrone a fare una prima distinzione scritta dei vari tipi di formaggio. 

Nell’Antica Roma si iniziò anche a stagionare il formaggio, che era distribuito anche ai soldati durante le campagne belliche.

Proprio dall’Antica Roma nacque il termine “formaggio” (presente anche nel francese fromage), utilizzato dai soldati per indicare la singola forma del caseus, il vero e proprio nome di questo prodotto, da cui derivano parole come cacio, caseificio, ma anche i corrispettivi spagnolo queso, inglese cheese e tedesco Käse.

Non furono però solo i Romani a far cagliare il latte, in quanto la tecnica era conosciuta anche dai Liguri, che crearono la robiola (dal latino rubeola che indicava la crosta rossiccia), e dai Celti che in autunno realizzavano lo stracchino.

Sulle tavole dei nobili

Il formaggio nel Medioevo continuò a essere prodotto dalle abbazie, considerato un cibo povero, salvato dalle diverse tradizioni longobarde che non conoscevano la tecnica del caglio.

La prima testimonianza dell’arrivo del formaggio a un palato nobile risale al IX secolo, quando Carlo Magno si innamorò del Gorgonzola dopo aver conquistato il regno longobardo. 

Questo fu solo il primo passo dell’ascesa del formaggio, che presto arriverà sulle tavole delle più importanti famiglie europee non solo come ingrediente ma anche come pietanza principale. 

I papi servivano fette di formaggio ai propri commensali, i Medici ne fecero protagonista culinario dei propri matrimoni, così come gli Estensi che servivano bocconi di Parmigiano.

I prodotti caseari si legano poi in maniera forte al proprio territorio, in quanto quasi ogni comune può vantare una specialità casearia, perpetrata e perfezionata lungo i secoli.

La nascita del formaggio Ainuzzi

Questo è anche il caso del formaggio Ainuzzi, che come tanti prodotti alimentari si lega a una particolare festività. 

Se tanti tipi di formaggio erano consumati durante i venerdì di Quaresima per ovviare al digiuno dalla carne, questo straordinario prodotto iniziò ad essere realizzato dalle confraternite che si occupavano delle processioni, in particolare quella del Corpus Domini. Ormai in primavera inoltrata, nel momento in cui il latte è più fresco e salutare, i confratelli ornavano le vare dei propri Santi Protettori di fiori, ghirlande, ma anche di questi particolari formaggi, a forma di cervi, daini e capretti.

Alla fine delle processioni, i tanti Ainuzzi che erano stati realizzati per decorare il corteo non erano esposti come nel caso dei panuzzi di San Giuseppe; al contrario, venivano distribuiti ai poveri, in una sorta di riallaccio storico con la natura di questo prodotto.

I centri di produzione del formaggio Ainuzzi

La tradizione degli Ainuzzi è sopravvissuta fino ai giorni nostri, seguendo le tecniche secolari seppur con qualche perfezionamento.

Ci troviamo alle pendici del Monte Cammarata, la vetta più alta dei Monti Sicani, una catena di monti che taglia in due il centro della Sicilia. 

Qui sorge l’omonima città di Cammarata, che contiene al suo interno, in una sorta di enclave di stampo vaticano, il comune di San Giovanni Gemini.

I due centri, così indissolubilmente uniti, sorgono quindi su di un territorio scosceso e altamente boscoso, ideale per il pascolo delle mucche, da cui i produttori di zona ricavano il latte che servirà poi per la realizzazione degli Ainuzzi.

Le caratteristiche del formaggio Ainuzzi

In particolare, si utilizza il latte di due munte consecutive, scaldato fino ai 37 °C, al quale si aggiunge successivamente il caglio di agnello e si procede a rompere il composto con la rotula, una sorta di mestolo di legno, fino a ottenere dei granuli. 

Successivamente il prodotto si fa riposare, per far precipitare la cagliata, posta su un tavolo e coperta con un panno in lino per fargli perdere ulteriore siero. 

Il formaggio ottenuto viene poi tagliato a striscioline che, con l’aggiunta di acqua calda, vengono modellate secondo le forme che ormai conosciamo, immersi in acqua fredda per fissare la forma ottenuta, poi in salamoia e infine nuovamente in acqua fredda.

Dopo l’asciugatura si ottiene un prodotto di modeste dimensioni, dalla crosta di colore giallo paglierino. 

L’interno è invece candidamente bianco, morbido ma al tempo stesso compatto, e il sapore è dolce e leggero, senza alcuna aggiunta di aromi particolari.

Per via della sua caratteristica forma e della sua leggerezza, consigliamo di assaporare il formaggio Ainuzzi da solo, magari durante la festa del Corpus Domini che colora Cammarata e San Giovanni Gemini di colori e odori unici.

Curiosità

Il formaggio ha origini antichissime, e tra i suoi produttori troviamo un protagonista d’eccezione: il ciclope Polifemo, intento a realizzare formaggio come raccontato da Omero.

Come detto prima, la nascita di questo prodotto si deve alla scoperta casuale di caglio nello stomaco di un capretto. 

Ancora oggi, nel nuorese, si realizza del formaggio rigorosamente cagliato nello stomaco ovino: il Callu de Crabettu.

Il formaggio è anche protagonista di diversi proverbi.

Il formaggio è cibo sano se ne mangi poco e piano.

La bocca non è stanca se non sa di vacca.

Inutile che ti fai manzu, cascavaddi mei nun ti ni manci chiù.

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