Pesca di Leonforte IGP

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Tante delle eccellenze enogastronomiche di cui abbiamo parlato devono la loro specificità ai terreni unici dell’immenso panorama siciliano, ma alcune di queste hanno ottenuto successo anche grazie al lavoro dell’uomo, che con il suo intervento non modifica la natura delle cose, ma anzi dona il suo supporto.

È il caso della pesca tardiva di Leonforte IGP, detta anche settembrina perché appunto ha tempi di maturazione più lunghi.

Questo è dovuto ad una tecnica unica degli agricoltori di Leonforte e di tutto il comprensorio di Enna: il frutto, appena nato, viene letteralmente insacchettato nella carta pergamena per allungare il processo di maturazione.

Ne derivano pesche bianche o gialle, dal sapore dolce e intenso, mentre la forma rimane la stessa. L’insacchettamento della pesca di Leonforte (che ha ottenuto il marchio IGP) non impatta sulla crescita del frutto, come avviene ad esempio con le strambe ed insapori angurie quadrate giapponesi.

Tra mito e storia

Ed è proprio dall’Estremo Oriente che parte la storia del pesco, le cui origini si perdono nel mito e nella leggenda.

Un racconto popolare parla infatti della nascita del pesco, legata alla vita di un pescatore, che dopo aver catturato un pesce di dimensioni enormi trovò al suo interno uno strano nocciolo, che decise di piantare.

Poco dopo ne sorse un albero dai fiori rosa e dai frutti dolci, che decise appunto di chiamare “pesche”.

Lasciando da parte il mito, è sempre dalla Cina che parte la storia di questo frutto.

Qui gli scienziati hanno trovato fossili di noccioli di pesca databili a più di 2 milioni di anni fa.

Più antico dell’uomo, il pesco venne comunque addomesticato e giunse attraverso le carovane in Persia, ed è qui che secondo gli storici l’albero prende il nome che oggi conosciamo.

La definizione scientifica è infatti prunus persica, e quest’ultimo termine (da cui deriva l’italiano “pesca”) è tipico anche della lingua siciliana.

Sull’arrivo della pesca in Europa, c’è chi ne riconosce il merito alla globalizzazione messa in atto dall’Impero Romano, ma secondo altri fu Alessandro Magno a diffondere la coltivazione del pesco in tutto il bacino del Mare Nostrum, dopo essersene innamorato nei giardini del re persiano Dario III. 

L’albero di pesco

Nei secoli la pesca si è poi diffusa in tutto il mondo in varie forme diverse, anche sotto sciroppo. E’ il caso della pesca sciroppata, nata nel XX secolo per sopperire alla mancanza di frutta fresca.

Oggi il primo produttore al mondo è la Cina, luogo di origine del pesco che ancora ai giorni nostri è simbolo di immortalità. L’Italia segue comunque al secondo posto, e il paesaggio italiano è costellato da alberi di prunus persica.

Si tratta di un albero che può raggiungere gli 8 metri di altezza, che in primavera regala uno spettacolo della natura che si tinge di rosa.

A inizio estate poi, i fiori lasciano il posto ai frutti, delle drupe (cioè distinguibili per la presenza del nocciolo).

Queste hanno una buccia giallastra con venature rosse e polpa gialla o bianca a seconda delle tante varietà.

La scoperta della pesca di Leonforte

Nella zona della pesca di Leonforte IGP sono in particolare due le varietà ad essere coltivate: Bianco e Giallone.

Il frutto trova, nelle zone collinari che caratterizzano l’area, l’habitat perfetto per questa specialità.

Qui i peschi crescono spontaneamente tra gli agrumeti, e in effetti fino all’inizio del secolo scorso i contadini di Leonforte (ma anche di Assoro, Enna, Calascibetta e Agira) vivevano proprio della coltivazione e vendita di agrumi, senza pensare troppo al pesco.

Col tempo però, iniziano a riconoscere l’unicità di quel frutto e danno vita a dei frutteti specializzati.

La scelta sembra essere azzeccata, ma un evento disastroso sembra già mettere a repentaglio la breve storia della pesca: la mosca mediterranea.

La terribile Ceratitis capitata, un piccolo insetto di 4 mm appassionato soprattutto di drupacee, è ben conosciuta dagli agricoltori del posto, i quali non si danno tuttavia per vinti.

Decidono quindi di avvolgere i rami in immensi sacchetti per proteggere le pesche dall’attacco della mosca, e il metodo funziona.

Purtroppo, questo rallenta anche i tempi di raccolta, poiché non tutte le pesche, anche sullo stesso albero, maturano allo stesso tempo. 

Una trovata geniale

A questo punto arriva il colpo di genio (o di follia) dei produttori leonfortesi: insacchettare non il ramo ma solo la piccola drupa.

La storia della pesca di Leonforte IGP parte quindi a giugno, quando la drupa è ancora piccola.

Quello è il momento adatto per ‘ncuppare il frutto con della carta pergamena, che funge da protezione non solo dai parassiti ma anche dagli eventi atmosferici.

E permette di allungare anche i tempi di maturazione della pesca di Leonforte, che per questo suole definirsi tardiva o settembrina. 

A differenza delle altre pesche italiane, il frutto leonfortese viene raccolto da settembre fino a novembre, rigorosamente a mano facendo ruotare dolcemente il peduncolo finché non si stacca dal ramo.

Caratteristiche della pesca di Leonforte IGP

Già dopo aver rimosso il coppu protettivo, agli agricoltori spetta il privilegio di sentire l’intenso odore rilasciato dal frutto per 3 mesi dentro il sacchetto, che però arriva ancora intatto sulle nostre tavole.

All’esterno, ci appare un frutto che può essere giallo o bianco a seconda della varietà, in entrambi i casi con delle insenature rosse molto deboli.

La polpa interna rispecchia il colore delle due varietà, e si caratterizza per una decisa croccantezza e per il legame forte con il nocciolo interno.

Al palato poi vince l’estrema dolcezza del frutto, già prevedibile dall’aroma.

Usi della pesca di Leonforte IGP

Vista la sua dolcezza, la pesca tardiva di Leonforte è ideale da mangiare da sola, ma è eccellente protagonista anche di dolci e confetture.

Per salvaguardare la sua unicità di produzione e sapore, nel 2010 il Consorzio ha ottenuto il riconoscimento del marchio di Indicazione Geografica Protetta.

Per ringraziare la pesca e gli agricoltori del leonfortese, meritevoli di aver risollevato l’economia della zona grazie alla loro geniale intuizione, ogni anno nel mese di ottobre si tiene la Sagra delle Pesche, che ha ormai superato i 40 anni di vita.

Curiosità

Abbiamo già parlato della nascita mitica della pesca. Ebbene, sempre nella zona sino-nipponica è conosciuta un’altra leggenda che lega il frutto alla vita dei pescatori.

Siamo sul monte Sondo, nell’odierna Corea del Sud. Il nome del monte significa letteralmente “pesca soprannaturale” e il motivo è presto detto: un pescatore del luogo, inoltrandosi in una grotta, si ritrovò in un villaggio dove fu rifocillato con pesche dal sapore mai provato prima.

Ancora oggi simbolo di immortalità in Cina, nell’Antico Egitto era associata invece al dio del silenzio Arpocrate.

La pesca è entrata anche nei testi di diverse canzoni, come il famoso “Fiori rosa, fiori di pesco” di Battisti, ma anche in diversi proverbi.

Chi mangia le pesche dure non mangia le mature.

La pesca va mangiata dall’albero spiccata.

Pesche, fichi e meloni sono buoni alla loro stagione.

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