Le ricette della festa di San Giuseppe: una tradizione che si rinnova ogni anno

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Se siete alla ricerca di nuove idee culinarie, non potete perdervi le ricette della festa di San Giuseppe e le belle tradizioni dedicate al Santo che si osservano in Sicilia.

La festa di San Giuseppe, che si celebra il 19 marzo, è un’occasione perfetta per gustare piatti tradizionali della cucina siciliana, come le famose sfince o le zeppole di San Giuseppe.

Il culto di San Giuseppe

Per molti si tratta della festa del papà, e in effetti questa ricorrenza deriva dal padre “più famoso” della storia: San Giuseppe.

In questa giornata, infatti, la Chiesa Cattolica celebra la santificazione di Giuseppe, sposo della Vergine e padre putativo di Gesù.

In tutta Italia, la devozione per San Giuseppe è molto forte, soprattutto in Sicilia.

Qui, in particolare, si celebrano diversi riti, i quali hanno storie anche secolari, che colorano i vari centri urbani di colori, musiche a festa, simulacri dall’alto valore artistico e, ovviamente, cibi della tradizione culinaria siciliana.

A farla da padrone è sicuramente lo sfincione di San Giuseppe.

Per il 19 marzo sono però tante le ricette, non solo dolci ma anche salate, a riempire le tavole di devoti e non.

Le origini del culto

Questa profonda devozione nei confronti di San Giuseppe è di origine ormai millenaria.

Un impulso notevole fu dato anche dalle idee di Santa Teresa d’Avila, vissuta nel 1500, che ricordava l’importanza della figura di Giuseppe, cui anche il figlio di Dio obbediva, in quanto figura paterna.

Il culto di San Giuseppe è ormai attestato dal 1400. La sua rilevanza anche culturale è evidenziata dal fatto che il nome “Giuseppe” è ancora oggi tra i più usati per chiamare i nascituri.

Si sa anche come la Chiesa, per comunicare con i tanti analfabeti del passato, usasse immagini votive di chiaro significato.

Ancora oggi possiamo trovare, nelle case dei nostri nonni, quadri raffiguranti San Giuseppe che tiene in braccio Gesù bambino. Immagine che si ripete anche sui tanti santini, che i devoti utilizzano per rivolgere preghiere a favore della propria famiglia.

Fuochi votivi

Oltre a questi gesti individuali, sono tantissimi i riti pubblici che trasformano il 19 marzo in un teatro a cielo aperto di simulacri e tradizioni secolari.

Una di queste tradizioni riguarda ad esempio la città di Caccamo, in provincia di Palermo.

Qui, ben due settimane prima, va in scena per le strade cittadine ‘a Retina.

Si tratta di un corteo di muli, bardati in maniera vistosa e accompagnati dalla banda, che lungo il cammino raccolgono le prumisioni. Queste altro non sono che le offerte in onore del Santo.

In questa e nella domenica successiva, si accende poi ‘a Scalunata.

Si tratta di una scalinata di ceri, in fondo alla quale si erge il simulacro raffigurante il Santo con in braccio Gesù Bambino, all’interno della Chiesa dell’Annunziata.

A Palermo va in scena un rito ancora più luminoso di quest’ultimo: le Vampe.

Si tratta di immensi falò che si accendono per le vie del centro storico, alimentati da legna e oggetti vecchi.

Attorno a questi fuochi si balla e si canta, così come accadeva più di 2000 anni fa, quando si celebrava la festa del dio Sole, che cadeva proprio durante l’equinozio di primavera.

Una tradizione che poi ha assunto nei secoli un valore religioso, e che continua ancora nonostante la pericolosità e i divieti.

La tradizione del falò torna anche nelle Egadi, e in particolare a Marettimo. Qui si accende la Duminaria, utile anche per scacciare il freddo della notte del 18 marzo.

Nel pomeriggio, poi, i devoti si dividono in due gruppi: quello che rimane fuori dalla Chiesa bussa insistentemente alle porte della Chiesa stessa. Queste si aprono facendo apparire la statua del Santo, contesa tra i due gruppi fino alla partenza della processione.

Animali e piante 

Nella bellissima Scicli, si tiene invece la cavalcata di San Giuseppe, durante la quale i cavalli (il meglio bardato sarà poi premiato) sfilano per le strade della città barocca ai lati di lunghe fiaccolate.

Una tradizione simile si registra anche a Rosolini, in provincia di Ragusa, così come a Favara, nell’agrigentino.

Sempre nell’agrigentino, a Ribera, è tradizione utilizzare dei rami d’alloro per abbellire la Stragula. Questa è una torre alta dieci metri simbolo di abbondanza, posta sopra un carro e adornata di fiori e panuzzi.

Pranzi pubblici

La festa di San Giuseppe offre poi diversi momenti conviviali, spesso anche dal forte valore simbolico.

A Vita, nel trapanese, si prepara una cena in onore di virgineddi e santi, persone bisognose del paese che si allietano con pietanze della tradizione culinaria della festa.

Un rito simile viene celebrato anche a Pietraperzia, in provincia di Enna. Qui i bisognosi siedono al tavolo d’onore di un grande banchetto realizzato dalla gente del paese.

Questa tradizione del pranzo torna anche ad Alimena, nel palermitano, e a Santa Croce Camerina, a Ragusa, così come nella vicina Acate e a Mazzarrone, nell’etneo.

Le ricette della festa di San Giuseppe: i pani

Un’altra antica tradizione è quella degli altari, addobbati da foglie e fiori ma soprattutto dai tipici panuzzi.

L’esempio più lampante è quello di Salemi, nella Valle del Belice.

Qui, da tempo immemore si realizzano pani modellati secondo le forme più disparate.

Si tratta, probabilmente, di un rito in onore della dea greca Demetra, creatrice del pane alla quale ci si rivolgeva per ottenere raccolti fertili.

Col tempo, questa usanza pagana si è mischiata con la religione cattolica per dare vita ai pani votivi (anche questi di origine precristiana). Si tratta di forme di pane secco modellate imitando frutti, animali, ma anche personaggi del Vangelo, che adornano gli altari della città.

Questi pani si preparano nelle settimane prima dalle donne del paese e, dopo la benedizione, vengono donati ai devoti e ai bambini.

L’usanza dei pani si lega poi a quella delle Cene, che prevedono di aggiungere all’altare, oltre ai panuzzi, anche vino, frutta e verdura, così da offrire una ricca cena ai Santi.

I pani, cotti in forno e spennellati con l’uovo per ottenere quella caratteristica lucentezza, sono realizzati in tanti altri centri della Sicilia: ricordiamo la già citata Acate, Campofelice di Fitalia nel palermitano, e Monreale.

Le ricette della festa di San Giuseppe: lo sfincione

Oltre ai pani, dalla grande tradizione, a colorare la festa di San Giuseppe è il dolce per eccellenza della giornata: lo sfincione di San Giuseppe.

Si tratta di un grosso impasto fritto, ripieno di ricotta, preparato per l’occasione nella Sicilia Occidentale; un dolce dalla lunga tradizione, per questo inserito nella lista dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali.

Il termine “sfincione” indica la stazza maggiore di questo dolce, che in realtà nasce dalla ricetta millenaria delle sfince.

Questo dolce, con nomi diversi, appare anche nella Bibbia, nella forma di pani fritti e zuccherati già cucinati nell’antica Persia.

Col tempo la sfincia – dall’arabo ʾisfanj che significa “spugna”, ad indicare la consistenza del pane fritto – fu perfezionata dalle suore del Monastero delle Stimmate, che passarono la loro ricetta ai pasticceri palermitani.

Nei secoli, la preparazione si è arricchita di ingredienti vari, per arrivare all’aspetto odierno.

Lo sfincione di San Giuseppe si presenta come un impasto elastico e morbido, della grandezza di un pugno, fritto nei grassi animali e poi ricoperto di ricotta di pecora e cioccolato, con un candito di buccia d’arancia a completare il tutto.

Altri dolci della festa di San Giuseppe sono poi i bignè, simili alle sfince per preparazione.

A Catania, poi, si preparano le zeppole di San Giuseppe, conosciute anche come zeppole di riso.

Si tratta, infatti, di crespelle di riso fritte e ricoperte di miele, probabilmente create nel ‘600 dalle monache benedettine del monastero di San Benedetto a Catania (per questo i dolci sono anche conosciuti come “benedettine”.

Le ricette tipiche della festa di San Giuseppe

Non di soli dolci vive il siciliano: infatti, oltre alla lista di ricette dolciarie, la festa di San Giuseppe permette di assaggiare altri piatti della tradizione gastronomica siciliana.

È il caso della minestra di San Giuseppe, un piatto abbondante preparato per quei poveri che partecipano ai banchetti di cui abbiamo parlato.

Si tratta di una minestra dell’agrigentino, realizzata con verdure e legumi vari, cucinata all’interno dei cosiddetti callaruna.

Conosciuta è anche la minestra di ceci, per la quale si consiglia di mettere a bagno i ceci secchi la sera prima, in modo da renderli più digeribili.

Un’altra protagonista è poi la pasta a tianu, che presenta una ricetta diversa a seconda del paese in cui vi trovate.

A Castelvetrano, ad esempio, si prepara con lo sparaceḍḍu e altre verdure tipiche del belicino.

L’arrivo della festa di San Giuseppe arricchisce tutta la Sicilia di colori, musiche e sapori inimitabili, dalla tradizione antichissima che ancora oggi viene portata avanti.

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